LE ORIGINI DELLA GUERRA
LE ORIGINI DELLA GUERRA La storia si ripete: obbiettivi della guerra Vijay Prashad I precedenti del Dipartimento di Stato e del Pentagono riguardo agli obbiettivi delle loro guerre non sono dei migliori. Durante gli esordi della Guerra del Golfo, l'amministrazione Bush, parte prima, sostenne che gli USA avevano il dovere di liberare il Kuwait. L'invasione di uno stato con 2,2 milioni di abitanti, dei quali soltanto il 28% hanno diritto alla cittadinanza e partecipano alla ricchezza petrolifera, doveva essere contrastata con tutta la potenza dell'intera macchina bellica USA. Quando le navi e gli aeroplani si diressero verso il Golfo, noi nel movimento pacifista ci stupimmo per le dimensioni dello spiegamento militare e ci chiedemmo quali fossero i veri obbiettivi di Bush I: ci vuole davvero una potenza di fuoco così immane per scacciare l'esercito iracheno dal Kuwait, e davvero gli USA hanno bisogno di una coalizione così ampia per raggiungere questo scopo? In effetti, gli obbiettivi militari di Bush I cambiarono dalla liberazione del Kuwait all'abbattimento del regime capeggiato da Saddam Hussein. Perfino quando si rivolse alla nazione due ore dopo che i bombardieri USA sganciarono i loro missili sulla popolazione iracheno, Bush I non parlò di rimuovere Hussein dal potere. "Siamo fermamente decisi a eliminare il potenziale nucleare di Saddam Hussein" disse il 16 gennaio 1991. "Distruggeremo le sue fabbriche di armi chimiche. Gran parte dell'artiglieria e dei carri armati di Saddam saranno distrutti." Il 26 febbraio, le forze irachene abbandonarono il Kuwait; il 6 marzo, Bush I riferì al Congresso che "la guerra in Iraq è finita"; il 27 aprile l'Alleanza stabilì la no-fly zone nel nord dell'Iraq e cominciò a bombardare a intermittenza il paese (compreso il vasto bombardamento del dicembre 1998), continuando in effetti la guerra fino a oggi. Ora lo scopo della guerra è di rovesciare Saddam Hussein. Gli obbiettivi nella guerra di rappresaglia per gli attentati dell'11 settembre più velocemente che non nel 1991, ma sempre in modo del tutto prevedibile. Senza alcuna prova solida (e ricordiamoci dell'attentato a Oklahoma City del 1995) l'amministrazione Bush, parte seconda, puntò l'indice contro Osama bin Laden. Nel 1998, l'amministrazione Clinton bombardò senza alcun preavviso il Sudan e l'Afghanistan come ritorsione per gli attentati alle ambasciate dell'Africa orientale compiute da un'organizzazione terroristica che potrebbe essere collegata direttamente a bin Laden. Questa volta, Bush II era interessato a una soluzione totale e non a un bombardamento simbolico. "Giustizia Infinita" era il primo nome per questa campagna (poi cambiato in "Pace Duratura" in seguito alle critiche degli sceicchi del petrolio, secondo i quali soltanto la divinità può essere infinitamente giusta). La Casa Bianca si rivolse al Pakistan offrendo la scelta ipocrita se prendere parte ai bombardamenti o se esserne i destinatari. Pervez Musharraf accettò di unirsi all'alleanza, ma soltanto perché bin Laden venga assicurato alla giustizia e non per minacciare il regime talebano in Afghanistan. Dopotutto, i Talebani sono un vecchio alleato del Pakistan, e dei tre unici paesi a riconoscere il loro governo uno era il Pakistan (ora è l'unico, visto che l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno abbandonato la nave). Nel giro di pochi giorni c'è stato un'evidente modifica degli obbiettivi militari: il governo USA non si accontenta più del bin Laden, ora sembra volere anche la fine dei Talebani. Il New York Times del 3 ottobre riferisce che il Pentagono sta riconsiderando la propria strategia in Pakistan, soprattutto perché la modifica degli obbiettivi militari ha compromesso Musharraf e preparato la scena per un colpo di stato. E per rimpiazzare i Talebani stiamo riportando alla luce il vecchio Zahir Shah, sepolto nei sobborghi romani, e quel che è rimasto della famigerata Alleanza del Nord, gli stessi individui che avremmo voluto al potere già nel 1980. Zahir Shah è vissuto a Roma dal 1973 in poi e ha tentato a più riprese, l'ultima volta nel 1999, di riunire un Loya Jirga (consiglio degli anziani) che includesse anche i banditi rimasti chiusi fuori da Kabul. Shah, che viene spesato da uno stato del Golfo non meglio identificato, a quanto pare è il riluttante e quasi involontario protagonista, ma quelli che lo hanno finanziato per tre decenni probabilmente non vedono l'ora che lui riprenda il potere -- perché ricambi i loro sforzi con diritti sul condotto di gas naturale dal Turkmenistan al Pakistan, o qualcosa di simile. Proprio come negli anni '90 gli USA strinsero un patto con lo sgradevole Iraqi National Congress, ora a quanto sembra il cavallo di Troia per l'imperialismo statunitense sarà l'Alleanza del Nord, una banda disordinata di guerriglieri che hanno impiegato gran parte del loro tempo combattendosi a vicenda dopo il ritiro delle truppe sovietiche, e il cui breve regime del terrore a Kabul si era distinto per la ferocia. Le origini dell'Alleanza del Nord possono essere ricondotte alla defezione del generale Abdul Rashid Dostam con la sua milizia uzbeka [in Afghanistan vivono ca. 2 milioni di Uzbeki, ndt], che abbandonò la fazione di Najibullah nel marzo del 1992. Con questo atto il decimato Partito Democratico Popolare aveva i giorni contati. I Mujahiddin entrarono a Kabul e, a metà Aprile, elusero di misura un'immediata ripresa della guerra grazie a un'alleanza a Peshawar, capeggiata dal boss dei Jamait-i-Islami (Società Islamica), il professore Burhanuddin Rabbani (che è tutt'ora il leader formalmente riconosciuto del paese). Nell'agosto del 1992 la guerra ricominciò quando la fazione Hezb-i-Islami (Partito Islamico) di Gulbuddin Hikmatyar cercò di sostituirsi al regime del Professore, e la conseguente instabilità provocò la definitiva caduta del governo di Najibullah in dicembre. Nel marzo del 1993, le diverse fazioni conclusero l'Accordo di Islamabad: Rabbani rimaneva presidente, mentre Hikmatyar diventava primo ministro. Ma Hikmatyar era un alleato inaffidabile, visto che continuò nelle sue azioni terroristiche, assieme agli alleati dello Hezb-i-Wahdat (Partito dell'Unità Islamica) e contro Rabbani (che collaborava con l'ex-comunista Dostam, anche se le truppe di Rabbani continuavano a essere comandate da Ahmed Shah Masood). Nel gennaio del 1994 Hikmatyar si alleò con Dostam, e il gioco delle sedie continuò fino ad oggi in questa maniera. Hikmatyar, con Dostam, poi con Masood, poi Rabbani sullo sfondo... e nel frattempo i Talebani consolidarono il proprio potere, presero Mazar-i-Sharif nel 1997 e alla fine Kabul. Mentre il paese si dibatteva nella guerra civile, l'Alleanza del Nord inflisse enormi sofferenze al popolo afgano. Nel gennaio del 1997 le forze di Dostam bombardarono brutalmente Kabul e le forze di Masood continuarono a farlo, perfino il giorno dopo gli attentati dell'11 settembre, come rappresaglia per il suo assassinio tre giorni prima. Un lettore interessato può studiare i rapporti pubblicati nel 1995 da Amnesty International sui crimini più gravi compiuti dalla Jamait-i-Islami di Rabbani, lo Hezb-i-Islami di Hikmatyar, lo Junbest-i-Melli Islami (Movimento Nazionale Islamico) di Dostam e lo Hezb-i-Wahdat: (1) Afghanistan: Responsabilità internazionale per il disastro umanitario [Indice AI 09/11/95] (2) Le donne in Afghanistan: una catastrofe dei diritti umanitari [Indice AI 03/11/95] Quando i Talebani entrarono a Kabul, questa storia venne riscritta dalle grandi potenze soprattutto perché ora l'Alleanza del Nord appariva un'alternativa ragionevole ai Talebani sui quali non avevamo alcun controllo. Che molti nell'Alleanza del Nord guardassero con favore all'Iran non doveva essere motivo d'inciampo, particolarmente dopo il lento, ma costante riavvicinamento USA-Iran. Gli scopi della guerra USA in Afghanistan sono dunque altrettanto brutali e indistinti come lo erano in Iraq -- rovesciare un regime corrotto e sostituirlo con un altro regime corrotto, ma bendisposto verso gli USA. La sinistra statunitense deve protestare non solo contro la guerra, ma anche contro gli scopi che cominciano a essere formulati, e sicuramente contro una 'stabilità' ristabilita nel nome del capitale. L'Alleanza del Nord non è "perlomeno meglio" dei Talebani, come i liberal vorrebbero credere: sono altrettanto deleteri per il popolo afgano. Quali sono le alternative? I Mujahiddin, soprattutto la cricca di Hikmatyar, hanno ammazzato gran parte dell'intelligentsia durante il loro regno del terrore negli anni '90, il che ha causato la fuga e l'esilio di un numero impressionante di Afgani ragionevoli, molti dei quali si rifugiarono a Nuova Delhi (e non hanno alcuna intenzione di ritornare in un posto che ha causato i peggiori incubi alle loro famiglie). Le organizzazioni dei profughi, come RAWA (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan), l'Associazione delle Donne Afgane e altre organizzazioni popolari sono al lavoro da anni per ridare inizio a una dinamica progressista tra i profughi afgani, riuscendo anche ad arrivare all'interno di questo paese assediato. Questi gruppi non prenderanno parte a quel tipo di affari capitalistici e corrotti che già stanno prendendo forma nei sobborghi di Roma e in Uzbekistan: è ora per una moratoria sullo sfruttamento dell'Afghanistan, i profitti derivanti dalla progettata condotta per il gas naturale dovranno andare nella ricostruzione delle basi produttive e delle istituzioni democratiche di questo paese piuttosto che finire nelle tasche di Unocal o Bridas [compagnie petrolifere statunitensi, ndt]. Questo è ciò per cui lottiamo, contro la guerra degli USA e i loro nuovi, e al contempo vecchi, alleati, ma a sostegno di queste organizzazioni popolari che si oppongono ai Talebani dall'interno delle contraddizioni della vita afgana, sia dall'esilio che a casa. E' ora di affrontare le contraddizioni.